Terminata la discussione con Liside, fa il suo ritorno Menesseno, che si era allontanato perché chiamato dal maestro. Liside domanda a Socrate di rendere partecipe l’assente del ragionamento appena concluso, ma il filosofo declina, preferendo discutere di un nuovo argomento, lasciando che sia Liside, in un secondo momento, a riassumere i loro discorsi precedenti. Si entra così nel cuore del dialogo, che ha per oggetto la ricerca di una definizione per l’amicizia. L’amicizia, afferma infatti Socrate, è uno dei beni più belli che si possa desiderare, e lo stesso filosofo confessa di preferire un amico a qualsiasi ricchezza o bene materiale (211d-212a); tuttavia, Socrate ammette anche di non aver mai capito come una persona diventi amica di un’altra, e per questo motivo chiede l’aiuto di Menesseno, il quale, essendo amico di Liside, sembra esperto in materia. La prima ipotesi di Menesseno consiste nell’identificare l’amicizia con l’amore: se qualcuno ama una persona, questa persona dovrà necessariamente ricambiare i sentimenti dell’altro. Questa tesi viene però liquidata rapidamente da Socrate, poiché sono noti a tutti i casi di innamorati non corrisposti dalle persone amate, le quali talvolta possono addirittura provare nei loro confronti odio o disprezzo: se fosse vero ciò, si dovrebbe concludere che si può essere amici di chi non è nostro amico, e quindi si può essere amico di un nemico, o viceversa essere nemico di un amico (212b-213d).