Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
(Primo Levi, Se questo è un uomo, 1947)
Si fa un gran parlare di leggi sull’immigrazione, di stranieri, di extracomunitari, e non vorrei che l’amor di Patria, la giusta voglia di “tranquillità”, possa dar adito ad isolate, becere, ondate di xenofobia. Al di là delle brutture che ci circondano credo che l’Umanità stia avviando il lento risveglio di un sentimento di solidarietà. La speranza di una collaborazione fraterna di tutte le genti ha in sé qualcosa di soprannaturale. È il credere che ogni vita sia sacra, ogni anima possieda la sua luce, ogni uomo abbia un destino immortale e che l’Umanità insegua un ideale d’amore e su tutto e tutti sovrasti il volere di Dio, con qualsiasi lo si chiami o lo si preghi.
Ricordiamo i defunti di tutte le guerre e preghiamo per loro, con loro, affinché nessun genitore, nessuna moglie, nessun figlio debba più piangere per l’amato ammazzato. Un abbraccio, Aniello Clemente.